architettura

MASSERIA TERIELLI

Aver curato il progetto di recupero della Masseria Terielli corrisponde solo alla minima parte di quanto ho messo in campo in termini di attività, anzi diciamolo pure: di fatica. Mi piace perciò raccontare che la calce di quelle mura è stata impastata con il mio sudore, poiché molte delle opere edili le ho eseguite personalmente. Le mie mani ne portano i segni indelebilmente, ma dovessi tornare indietro rifarei ogni cosa ricalcando le stesse scelte. 

Quando si fa conto sulle proprie energie si apprende che non c’è possibilità estetica o formale che non debba misurarsi con ciò, la teoria e le consapevolezze maturate durante gli studi nella facoltà di architettura si tendono fino ad assottigliarsi per poter entrare in vibrazione con l’economia dei gesti e del tempo dedicato.

Un principio chiaro all’economia rurale mantiene la costruzione dei manufatti sempre vincolata alle necessità: l’allargarsi della famiglia o delle attività, non c’è spreco, né di suolo né di risorse. Finché è stato così c’è stato equilibrio. Nella mia regione d’origine l’economia rurale è finita quando sono arrivati i fondi del terremoto del 1980: l’improvvisa ricchezza ha spezzato il legame  tra gesti e necessità.

Abitare la masseria Terielli è stata una scelta non convenzionale, in una zona agricola dell’Appennino Campano dove le case “vecchie” vengono disabitate per trasferirsi in enormi palazzine mai finite, dimensionate sui fondi ottenuti e non sulle vite che contengono, e in fin dei conti disabitate anch’esse.

Ho abitato questa casa dal 2009 al 2016 e ne ho progettato, ed eseguito, la ristrutturazione assieme all’architetto Domenico Rapuano.