SPAZIO PRIVATO (arte in vetrina)

SPAZIO PRIVATO è il nome che ho dato al progetto di allestimento per “ARTE IN VETRINA”, iniziativa promossa da varie associazioni che si occupano in senso lato di arte nel comune di Reggio Emilia, per riempire temporaneamente le vetrine della città storica rimaste vuote a causa della crisi pandemica. Ho curato la progettazione e il concept, mi hanno affiancato Giulio Vetrone per le musiche e Elisabetta Spadaccini per l’organizzazione, li ringrazio entrambi, senza di loro la mia idea non sarebbe stata possibile.

L’allestimento riproduce un interno piuttosto scarno ma l’immagine che restituisce non è di privazione, tutt’altro! poiché nel tempo che viviamo credo che il benessere non sia certo rappresentato dal numero di oggetti che possediamo ma dall’ampiezza degli ambienti che abitiamo. La presenza delle foglie in un interno è chiaramente un ossimoro, una contraddizione in termini spaziali che a mio avviso esprime il disagio e la potenzialità di questi tempi, come ho cercato di esprimere nel concept:

“Un rapporto disciplinato con lo spazio aperto, una rinnovata pratica delle superfici domestiche: circostanze di questi tempi, temporanee per definizione, che diventano spunto per nuovi possibili assetti. La relazione individuo natura quale confronto fra grandezze dispari è riproposta all’interno dello spazio privato, privato di oggetti, svuotato di tutto eccetto della nostra presenza, pronto a divenire un dispositivo per la contemplazione. Contempliamo, attraendo pensieri in questo orizzonte definito, netto, ci mutiamo in osservatori nelle dimensioni circoscritte, certe, ritroviamo il concetto di habitat desaturato dalle cose.” 

L’allestimento è completato dalle musiche di Giulio Vetrone che riprodotte in loop filtrano fuori dalla vetrina per conquistare lo sguardo di chi passa per la via Toschi. Sono tratte dal suo ultimo album ISOLE partorito durante l’isolamento dello scorso inverno, e che ho voluto presentare così: Isole è un viaggio dentro colori, luce, spazio e silenzi del mediterraneo.  Un’altalena che oscilla tra nostalgia e spensieratezza rimanendo dov’è, moto senza spostamento, vagabondare immobile. Condizione esistenziale, senso di appartenenza che spinge via, melanconia, appocundria.

Aggiungo infine quanto ha scritto Elisabetta Spadaccini, donna saggia e talentuosa, è il suo sguardo personale e poetico su questo lavoro:

La mia casa e la pandemia. Devo stare in casa, posso uscire solo per l’indispensabile. Improvvisamente mi trovo in un luogo che ha spazi a me sconosciuti, intravisti ma non visti. Non sono mai stata nella mia casa così a lungo senza contatti con persone che occupino i miei spazi e che mi distraggano dal mio contenitore. Scopro gli spazi vuoti, gli spazi inutilizzati, gli spazi sconosciuti, quelli non vissuti. Mi appassiono a guardarli, studiarli, progettarli per approfittare della loro presenza nella mia casa, oppure per lasciarli liberi, vuoti, riempiti solo dal mio sguardo e dal mio pensiero. Lo spazio: il nostro lusso nella pandemia.

 

Allestimento, concept, progetto e produzione lampada e pannelli: arch. Taryn Ferrentino

Colonna sonora:  Giulio Vetrone

Con la collaborazione di Elisabetta Spadaccini